Vivo nel quartiere santo stefano da tutta la vita, esclusi quattro anni. Ho fatto le elementari in via dante, le medie in via pepoli e il liceo in castiglione. I miei migliori amici abitavano in san petronio vecchio, via della braina e via santo stefano. Con i regaz tenevamo una serata chiamata apepop nella sede del quartiere, trasformando quello che di giorno era un centro anziani in un casino inimmaginabile la notte. Arrivavo il venerdì sera da udine con l’euronotte delle 2.15, albi mi passava a prendere, oppure Berna, e andavamo al baraccano dove mi mettevo a fare il barista in mezzo gente allegra e marcia mentre Albi e Bebo mettevano i dischi e Fiò… Fiò faceva Fiò, e ancora non aveva il taxi. Proprio lì in una delle ultime sere prima di essere epurati come emissari dell’alcol, del sesso e del rock’n’roll, avvenne il primo concertino dello stato sociale. Vivo nella città che amo di più ed è una cazzo di fortuna, e come ogni ragazzetto del centro ho il culo peso e mi sposto a piedi o in bici dentro un perimetro stretto che finisce per essere il mio universo, non ho neanche mai preso la patente, per dire. a 500 metri da casa mia c’era, fino a questa mattina di stamattina, Labas. Si trattava di un centro sociale dentro a un ex caserma, nel cuore dell’unico quartiere di destra di una città rossa. Una destra che in ogni caso sarebbe sinistra, per dire, a roma o verona.

Un centro sociale molti non sanno cosa significhi, per questo dicono tante cazzate, fedeli al grande dogma di internet “giudicare senza comprendere”. Un centro sociale è un luogo di aggregazione che non si vergogna di avere delle idee, un luogo che sfugge alla dittatura dell’aperitivo a dieci euro, dove i concerti sono gratis o a sottoscrizione, dove lasci i bambini, dove qualcuno insegna l’italiano agli stranieri, dove vai a fare la spesa e ti metti d’accordo col tuo contadino per la tua cesta mensile, dove una sera vedi l’opera punk e un’altra il wrestling proletario, dove vai a prendere la tua ragazza o il tuo migliore amico che non hanno voglia di rientrare a casa dopo lavoro ma di vivere la città e bersi una birra. Un centro sociale è un luogo attorno al quale il quartiere si stringe e respira, come piazza Santo Stefano, come un paio di bar e una sola osteria. Un luogo di incontro, libero, civile, altro. Fuori dalle logiche della vendita e del consumo obbligatorio, ma non fuori dal mondo e lontano dalle lotte. E per questo in fondo non c’è più. Per questo hanno murato Atlantide, per questo minacciano da ventanni l’xm e per anni l’hanno fatto con il tpo, per questo Chourmo e per questo Zam. Per questo, a ben guardare, pure gli sgomberi abitativi di solferino ed ex telecom. Perché vogliono un mondo in cui chi non produce reddito non abbia un tetto, in cui chi immagina una società diversa venga allontanato dall’unica società, in cui non bevi senza arricchire esercenti e comune, non mangi senza passare da multinazionali ed expo, non vai a un concerto senza arricchire agenzie major e bagarini legalizzati, non metti insieme italiani e stranieri, bianchi e neri, etero e gay, vecchi e ragazzi, arabi e ebrei, altrimenti poi come fanno a dirti che è tutta colpa del nemico, del ricco, del povero, dello sbirro, del punk, del frocio, del negro, della zecca, del padrone, del terrone, del fuorisede, del sindaco, del vecchio di merda?

Per questo sgomberano la gente dai posti vivi dove la gente si incontra, si mescola e cambia. perchè la cultura non è un insieme di nozioni, ma un luogo in cui si incontra gente diversa e cambia idea. E questa cosa fa paura. Ed è questo che vogliono, vogliono eliminare la possibilità che qualcuno pensi che un mondo diverso, un modo diverso di vivere, sia possibile. E penso che se adesso non rompiamo il cazzo fino alla morte a qualsiasi questore, a qualsiasi sindaco che gira la testa, a qualsiasi digossino che fa finta di niente mentre un carabiniere mena una giornalista, penso che ci meritiamo una città così. certa, sicura, inutile, quadrata, aderente al mercato e alle tv e radio commerciali. stanca, dritta, vuota, silenziosa, fissa, apatica, noiosa, grigia, finita, produttiva, ricca, eugenetica, rassicurante. come la morte.

Se adesso tutti noi non facciamo un macello, sapete che c’è?

Siamo tutti morti.

Fanculo.

Lodo Guenzi